La nostra storia centenaria
All’origine, le mole di pietra, erano azionate dall’opera del mite asino Arturo.
Esso, nel suo incessante lavoro, aveva sul suo percorso circolare addirittura due scalini che ne intervallavano i giri, costringendolo ad uno saliscendi perpetuo.
Le olive macinate, divenivano un impasto uniforme che raggiunta la consistenza giusta, veniva spalmato su fiscoli di fibra di cocco che, al contrario dei tempi moderni, avevano un risvolto così da evitare che potesse sfuggire fuori.
Tra i risvolti della storia, emerge anche un aneddoto particolare che fa capire quanto lo zio volesse bene al nipote.
Miro, possedeva un’auto e al passaggio del fronte, durante le ultime fasi della seconda guerra mondiale, per paura che i tedeschi potessero requisirla mentre risalivano verso nord, fu consigliato dallo zio di nascondere la vettura murandola dentro l’odierno magazzino adiacente al frantoio.
Questo espediente non servì a salvare il veicolo e Antidoro, per il dispiacere, morì, come si disse ai tempi, di crepacuore.
Mandó in “pensione l’asino“, motorizzando le molazze.
Inoltre introdusse una pompa per velocizzare il recupero dell’olio ora lasciato decantare in vasche dotate di una finestrella trasparente, per capirne il livello e i pochi residui, che rimanevano, continuavano ad essere separati dall’acqua di vegetazione con la gaggia.
Il successore di Miro fu il figlio Stelio Carnevali, con lui il mulino si meccanizzò ulteriormente.
Prima, adottò delle presse idrauliche in sostituzione di quelle manuali, poi aggiunse l’impilatrice con la quale si velocizzava il posizionamento dei fiscoli (destinati alla pressatura) su carrelloni.
In fine installò il separatore, un macchinario che, per centrifuga, andava a separare l’acqua di vegetazione, materiale di scarto, dall’olio extravergine di oliva.
Ora, ci sono io, Thomas, che ho acquistato il frantoio nel 2019 e con l’aiuto di Fabio, Susanna ed Edvige, la loro madre, ormai la vera e propria storia vivente del frantoio.
Con loro mi confronto e ad essi chiedo consiglio in caso dubbio.
Io cercherò di fare del mio meglio per rendere onore alla storia e alla tradizione di questa attività centenaria.
Quello che è certo, è che mi impegnerò al 110% perché, con un passato così, non si può fare altro che essere orgogliosi e pieni di voglia di fare.
Il Frantoio Carnevali, nasce da un’idea di Antidoro Carnevali che, alla fine del 1800, sfruttando gli spazi della struttura ancora oggi adibiti a mulino, organizza la sua attività di Molitura.
All’origine, le mole di pietra, erano azionate dall’opera del mite asino Arturo.
Esso, nel suo incessante lavoro, aveva sul suo percorso circolare addirittura due scalini che ne intervallavano i giri, costringendolo ad uno saliscendi perpetuo.
Le olive macinate, divenivano un impasto uniforme che raggiunta la consistenza giusta, veniva spalmato su fiscoli di fibra di cocco che, al contrario dei tempi moderni, avevano un risvolto così da evitare che potesse sfuggire fuori.
Antidoro portó avanti il mulino fino a che decise di lasciare l’attività e non avendo figli, la passò al nipote Miro Carnevali a cui era molto legato.
Tra i risvolti della storia, emerge anche un aneddoto particolare che fa capire quanto lo zio volesse bene al nipote.
Miro, possedeva un’auto e al passaggio del fronte, durante le ultime fasi della seconda guerra mondiale, per paura che i tedeschi potessero requisirla mentre risalivano verso nord, fu consigliato dallo zio di nascondere la vettura murandola dentro l’odierno magazzino adiacente al frantoio.
Questo espediente non servì a salvare il veicolo e Antidoro, per il dispiacere, morì, come si disse ai tempi, di crepacuore.
Miro, iniziò a fare il Frantoiano a cavallo delle due guerre mondiali e con il boom industriale, del secondo dopoguerra, inserì delle novità nel processo lavorativo.
Mandó in “pensione l’asino“, motorizzando le molazze.
Inoltre introdusse una pompa per velocizzare il recupero dell’olio ora lasciato decantare in vasche dotate di una finestrella trasparente, per capirne il livello e i pochi residui, che rimanevano, continuavano ad essere separati dall’acqua di vegetazione con la gaggia.
Il successore di Miro fu il figlio Stelio Carnevali, con lui il mulino si meccanizzò ulteriormente.
Prima, adottò delle presse idrauliche in sostituzione di quelle manuali, poi aggiunse l’impilatrice con la quale si velocizzava il posizionamento dei fiscoli (destinati alla pressatura) su carrelloni.
In fine installò il separatore, un macchinario che, per centrifuga, andava a separare l’acqua di vegetazione, materiale di scarto, dall’olio extravergine di oliva.
Col passare del tempo, Stelio passò il comando del mulino ai figli, Fabio e Susanna Carnevali i quali, pur rimanendo nella tradizione e nella qualità dell’olio, puntarono soprattutto a rinnovarsi nel packaging, creando il sito web e svecchiando il marchio.
Ora, ci sono io, Thomas, che ho acquistato il frantoio nel 2019 e con l’aiuto di Fabio, Susanna ed Edvige, la loro madre, ormai la vera e propria storia vivente del frantoio.
Con loro mi confronto e ad essi chiedo consiglio in caso dubbio.
Io cercherò di fare del mio meglio per rendere onore alla storia e alla tradizione di questa attività centenaria.
Quello che è certo, è che mi impegnerò al 110% perché, con un passato così, non si può fare altro che essere orgogliosi e pieni di voglia di fare.